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[“CAMERA CONCERTO”: MAT Marcello Allulli Trio (Marcello Allulli / tenor sax  Francesco Diodati / guitar  Ermanno Baron / drums)]

Paola Angelini exhibit: “Drawings from Oslo” –  HOUSE CONCERTS TOUR  –
via Fanfulla da Lodi  n° ics   Porto d’Ascoli   –  30 marzo 2012  h 21  –

www.notedicolore.net                            www.nuovojazz.blogspot.com

      Non essendo cruenta come quella di Barletta del 1503, la “Disfida di Porto d’Ascoli” dopo 20 giorni si ripete. Stesso luogo e quasi stessa gente, ma molti cambiamenti. Al posto di Ed Schmidt, Sergio Frattari e Dino Pulcini, nella ex-camera da letto in fondo a destra stavolta ecco il trio MAT, per Jazzit Award una delle migliori formazioni jazz italiane (Marcello Allulli addirittura terzo miglior sassofonista!). E invece delle foto di Massimo Di Marzio, nelle stanze e in corridoio ci sono i quadri e i disegni di Paola Angelini. Nulla di strano, è casa sua! Ma ‘sta ragazzina è appena tornata dalla Rod Bianco Gallery di Oslo e dalla Biennale di Venezia, dove ha esposto e dipinto con Bjarne Melgaard, venduto quadri, ricevuto apprezzamenti dalla stampa specializzata internazionale e di più. Come nelle favole. Quindi, quei cartoncini con frettolosi disegni di animali che sceglieremo e ci porteremo via facciamoglieli firmare e mettiamoli in cassaforte.

      Più strumenti rispetto all’altra volta, mi pare, e batteria in grande spolvero – marchingegni elettronici – diavolerie digitali – pedali… mi preoccupo, 18 metriquadri scarsi di stanza… Ma è una mia fissazione, questi qua, essendo bravi, sapranno anche suonar sottovoce. Affettuosi: il primo brano (senza titolo, liberamente tratto da una cassetta volante, sapori irlandesi, lontani fraseggi di cornamuse…) è in onore di Eddie appostato sui cuscini in prima fila. Seguono costruzioni musicali sapienti e pazienti, come giochi di Lego o di Meccano: ognuno fa la parte con fantasia e improvvisazione calcolate, sennò che jazz sarebbe. Musica che si vede, che evoca “gozzi di nome Manta in cerca di delfini”, “ultimi sogni di compositori viaggianti ungheresi (o forse rumeni)”, l’intensa danza su una nota sola del sax ossidato di Marcello Allulli, che proprio sotto al lampadario vintage a palla oscilla sempre più ampio, come un inquieto pendolo capovolto. Quando sassofono e batteria si fronteggiano, mi vengono in mente i cartoni animati di un Disney d’antan, gli animali della giungla che teatralmente si sfidano vicino alle pozze d’acqua ma poi fanno amicizia; il chitarrista in disparte vicino alla tenda annodata color ruggine – tipo liana pendente da un baobab – come un’ispirata giraffa nella savana… che, a tratti, assieme alle corde d’acciaio “suona” le sue corde vocali! Francesco Diodati, il Keith Jarrett alla chitarra. E quel Marcello Baron alla batteria: poco schematico, essenziale, un inventore sui piatti. Nei ritmi vagamente sud-america può darti il senso di astrazione della foresta brasiliana, in certi “larghi” simil-classici [avevo sbirciato qualcosa di Beethoven o Bach tra gli spartiti sul leggìo…] t’infonde pensieri e atmosfere da cattedrali gotiche. Uno spirito “letterario”: sarà per i due libri (in qualche parte mi son pure scritto i titoli) che tiene appoggiati – chiusi – sui due tamburi più grandi. Ragioni acustiche, si capisce, ma con Middio-il-libraio ci scambiamo lo stesso un’occhiata sorridente…

Pezzi inediti che andranno in registrazione prossimamente, e altri brani del loro cd MAT-HERMANOS, esecuzioni profonde e struggenti. Hermanos, quel coro nato quasi per gioco qualche anno fa (un 7 agosto, ricorda Marcello) durante un concerto a Fabriano, quando il tema era incredibilmente venuto fuori dal pubblico. Fu poi inciso dalle parti di Udine, dopo che un pullmino raccolse la quindicina di coristi per le strade di mezza Italia (Roma, Assisi, Perugia, Firenze…). Stasera gli Hermanos siamo noi e la magia si ripete (mica tanto stonati questi di via Fanfulla da Lodi numero ics…) Si fa da contrappunto al famosissimo Besame mucho degli anni ’50, che avevo sempre considerato un po’ stupidotto, ma rallentato al sax, fuso con quest’  improvvisato pugno di voci esitanti è tutt’altra cosa. Un incanto. Chissà se qualcuno ha registrato.

Finisce così, con qualche commozione, con un brindisi (anzi un “tributo cosmico”) per il compleanno di Dino-batterista-dell’altra-volta e con un convinto arrivederci.  Chi l’ha detto che “il jazz è morto”. Eppure ero sicuro d’aver intravisto sul leggìo uno spartito dal titolo “Una serata sbagliata” (!)… Ma quando mai ai “CAMERA CONCERTO” a Porto d’Ascoli. Infatti quel pezzo non l’hanno suonato.

PGC